La Figurazione tra Milano e Zurigo
Milano, sabato 4 maggio 2024
FIGURAZIONE MilanoZurigo
Intervento critico a cura di TOMMASO LONEDO
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Se si osserva lo stato attuale dell’arte contemporanea, non si può che prendere atto di una situazione nebulosa, deludente, se non demoralizzante, nella quale la vocazione artistica si traduce in una tendenza a correre alla massima velocità verso il nulla e l’autodistruzione. Il rifiuto del reale, sentito come assurdo e nauseante passatismo, ha dominato buona parte dell’arte dalla fine del secolo scorso. Il Novecento è stato indiscutibilmente “il secolo” segnato da numerose rivoluzioni nel campo dell’arte, dalle avanguardie all’astrattismo, che hanno dato maggior spazio alla forza delle idee lasciando volutamente in secondo piano la rappresentazione del mondo nelle sue forme reali e realistiche. Eppure, il Novecento non ha mai significato un collasso dell’arte figurativa, che anzi si è mostrata sempre capace di farsi portavoce anch’essa del moderno nelle forme più disparate. L’arte del Novecento è stata anche figurativa: si sono espressi attraverso l’uso di figure i pittori e gli scultori delle avanguardie, in particolare gli espressionisti e i cubisti, quelli del primo dopoguerra, come i metafisici e i surrealisti, quelli del secondo dopoguerra, come Francis Bacon e Lucian Freud, per arrivare ai pittori della Transavanguardia.
Nell’arte di oggi l’unica cosa viva sembra essere la ricerca nevrotica di natura intellettualistica, astratta, che, tuttavia, non riesce più a far vibrare le corde profonde e autentiche dell’anima umana, la quale è coinvolta veramente solo quando l’arte desta risonanze nell’immensa cisterna di archetipi che ognuno ha accumulato dentro di sé, nel corso delle proprie esperienze. Gran parte dell’arte moderna non dice niente alla maggior parte degli uomini: se i pittori astratti non fossero sostenuti da una rete ben organizzata di critici e mercanti, quell’arte non avrebbe né cultori né acquirenti. Molta ricerca artistica di oggi pare essere soltanto il frutto di una suggestione artificiosa, metaforicamente simile a quella provocata dagli stupefacenti. Il pubblico non si interessa più di arte di ricerca, se non per ragioni mercantili e snobistiche, sostanzialmente insincere.
Pur non mettendo in discussione il fatto che ogni artista è libero di fare le sue scelte, oggi più che mai è necessario offrire un umile ma deciso sostegno di poetica e di programma a tutti coloro che, nel fare arte, sentono che essa non è soltanto ricerca intellettualistica, ma anche e soprattutto qualcosa che tende a suscitare emozioni legate al nostro specifico umano, alla spiritualità, ai modelli forniti dalla natura, che gli uomini hanno interiorizzato da millenni.
Nel frangente storico in cui viviamo il ritorno all’archetipo naturale si impone soprattutto per due ragioni: la prima è che la progressiva “eliminazione” della natura dalla nostra ricerca poetica e artistica ha determinato un disinteresse pericoloso nei confronti di essa. Questo disinteresse culmina con la progressiva distruzione della natura, operata per assecondare i fini egoistici dell’uomo del ventunesimo secolo. Il momento storico attuale, dominato da grandi problemi, non ultimo quello ecologico, esige piuttosto un nuovo interesse per la natura da parte degli artisti. La seconda ragione è che il gusto dell’astratto e dell’artificiale minaccia di dissipare nell’uomo contemporaneo le immense risorse culturali e sentimentali che ha acquisito in tanti millenni di storia spirituale. L’arte suscita emozioni dentro di noi. Ma se non possiede i mezzi per far vibrare le corde dei nostri archetipi mentali, resta muta e priva di effetto. Allo stesso tempo, l’arte è tanto più importante quanto più è nuova e si differenzia dal passato.
Due sono i centri che questa mostra pone alla nostra attenzione: Milano e Zurigo, due città molto vivaci e attive nel panorama artistico ma nelle quali la pittura figurativa è ancora troppo sottovalutata dalle istituzioni locali. La stessa Zurigo, che vanta un mercato dell’arte più ricco, oltre che un fervido ambiente con numerose gallerie e istituzioni, negli ultimi trent’anni, si è fatta notare a livello internazionale soprattutto grazie all’arte concettuale, alla performance e alla video arte. Eppure, in entrambe le città, nonostante l’atteggiamento limitato e chiuso nei confronti dei media classici, esistono artisti che vedono la pittura figurativa come una colonna portante dell’arte contemporanea.
Siamo di fronte a diciassette artisti di diverse età; molti di essi hanno orbitato attorno a importanti
istituzioni delle due città, come l’Accademia di Brera a Milano e la Scuola di Design o la Scuola di Arti applicate di Zurigo.
Pur esprimendosi per tematiche e con tecniche molto diverse fra loro, essi sono accomunati dal fatto che non hanno voluto abbandonare la pittura figurativa, una scelta già di per sé notevole se si osserva la direzione intrapresa dall’arte contemporanea, rivolta sempre più verso i linguaggi multimediali e le installazioni. Pur essendo diversi tra loro, molti di questi pittori sono, inoltre, accomunati anche dal desiderio di infondere, nelle loro opere una meta-narrazione profonda, in grado di emozionare l’osservatore secondo registri espressivi intriganti.
In un sistema dell’arte dominato principalmente dalle espressioni dell’arte artificiosa, antinaturale, concettualistica e post-duchampiana, che spesso si basano su effimere trovate, piuttosto che sulla ricerca e sulla sperimentazione poetica, con questi artisti ci ritrova in una dimensione più attenta alla ricerca dell’artista, al rispetto del suo lavoro, al “fare arte” nel senso più completo del termine.
Le opere di questi artisti, proposte in un dialogo aperto, ci ricordano che è necessario agire per creare una situazione più bilanciata, rispetto a quella imposta dalla cultura “ufficiale” e dalle strutture pubbliche. È giunto il tempo che l’artista figurativo non si senta più un epigono di scarso valore, fuori dalla storia, ma piuttosto un postmoderno e un iniziatore.
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